24 luglio 2017
La fine della mia ultima relazione mi ha destabilizzato moltissimo, tanto da non riconoscermi più. Non ho mai voluto chiuderla, lo amavo alla follia: volevo lui, problemi compresi. Questa separazione, sommatasi a quelle subite precedentemente, ha ampliato un vuoto dentro me. Mi sono sentita impotente e non sono ancora riuscita ad accettarlo del tutto.
La parte più complessa del distacco non è la perdita della persona amata, ma lo smarrimento di un frammento di te stesso. Ti senti espropriato di qualcosa che un tempo faceva parte di te. Allora come riappropriarsene?
Parte della nostra identità si costruisce e distrugge in funzione delle relazioni che intratteniamo. Il distacco da qualcuno (o qualcosa), tema centrale del libro sopracitato, può essere fertile o sterile. Renderlo fecondo, significa quindi ricostruire la propria identità perduta.
Questo processo lungo e articolato include rifiuto, blocchi emotivi ed esitazioni. Sta a noi la volontà di percorrerlo, lasciando che il distacco porti i suoi frutti e non si sedimenti in fondo al cuore. Bisogna essere pazienti e concedersi il tempo necessario per accettare. Alla fine saremo più forti e disposti a intraprendere nuove relazioni.
La citazione è tratta dal libro “Distacchi e altri adii” della psicoterapeuta Gianna Schelotto.
Ciao Shelinz, mi spiace per il vuoto che si è creato dentro di te. Ti auguro di riuscire a gestire al meglio il distacco in modo da trarne il meglio.
Mi hanno colpito queste parole: “La parte più complessa del distacco non è la perdita della persona amata, ma lo smarrimento di un frammento di te stesso. Ti senti espropriato di qualcosa che un tempo faceva parte di te.”
Parole che parlano in un certo senso egoisticamente, ma in effetti direi proprio che è così. Non credo possa essere altrimenti, cioè quando sei coinvolto vedi le cose sotto un’altra prospettiva… l’alternativa è farsi coinvolgere poco, mettere un freno, ma non mi piace.
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